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I racconti di Antonio Petillo


A proposito della trasferta di Savona, qui di seguito è pubblicato un bel racconto di Antonio Petillo:

LA COINCIDENZA

La coincidenza era al comodo orario delle otto di mattina. L’unico problema era che il treno li avrebbe lasciati alla stazione di scambio alle quattro di notte… Quel giorno, il presidente senza soldi, a suo dire per spirito di solidarietà con i ragazzi ma più probabilmente per godersi la “gitarella” nella Calabria ionica, decise di rinunciare alle sue braciole e panzarotti domenicali per essere vicino alla squadra, in quell’importante partita. Il primo treno li scaricò, in quella cupa notte, nella stazione di un paesetto, di cui non si avevano tracce neppure nelle più complesse cartine geografiche dei centri cartografici militari. E oggi, forse per l’effetto della globalizzazione, non se ne conosce nemmeno più l’esistenza. Insomma, una sorte d’Atlantide! La stazione era talmente piccola e misera da far invidia al film di Totò: destinazione Pinerolo. Naturalmente a quell’ora tutto era serrato. Nessun ferroviere o capostazione risultava vivente nel raggio di chilometri e chilometri. La sala d’aspetto, a parte una possente puzza di muffa tipo gorgonzola ben stagionato, aveva una forte somiglianza con una sala mortuaria. Al centro c’era un grosso tavolo di legno e sul perimetro tre panchine che riempivano le tre pareti giallo vomito. Nel sistemarsi per riposare un po’, la truppa offrì, con gran galanteria, il tavolaccio centrale a don Peppino, presidente senza soldi. Il quale, raspandosi le sue cose, rinunciò. E, facendo sfoggio di tutto il suo altruismo e spirito di gruppo, concesse il comodo “letto” a Roberto, il più lungo e unico esemplare di pivot della squadra, che si tuffò sulla tavola in un sonno profondo, strafottendosene delle scaramanzie. E mentre tutti si abbacchiarono sulle panche, don Peppino decise di restare in piedi, addossato ad un pilastro, in virtù della sua stoica resistenza a notti insonni e disagi di vita.

E intanto che raccontava delle dure notti della sua prigionia, in tempi di guerra, la truppa sprofondò in un interminabile letargo. Non si sa bene il racconto quanto tempo durò e come andò a finire, ma si ricorda solo che a svegliare tutti, alle sei e mezza di mattina, fu l’allarme di Gigi. Il quale, in un momento di dormiveglia, aprendo faticosamente l’occhio destro, urlò a quelli più vicini al pilastro: “Acchiappa! Acchiappa ò presidente!!”. Prontamente Renato si tuffò sul “manichino” addormentato, salvandolo dallo schianto sul pavimento. “Sono sveglissimo, vi siete impressionati..” Dichiarò Don Peppino, mentre lo stendevano sul tavolone centrale, liberato sconsolatamente dal pivot Roberto. “ Mi sento fresco, faccio una bella passeggiata.” Continuò il presidente stoico, prima di “mummificarsi” in un sonno sovrumano, che provocava un forte russare, tanto da far confondere tutti i presenti che stava arrivando il treno in anticipo. Rinchiuso il dormente a sognare nella camerata, i giovani trovarono la loro salvezza in uno scheletrico barista, che arrivò, chissà da dove e per servire chi, alle sette di mattina. E mentre il ronfare del presidente rimbombava per tutta la stazione, si rinfrancarono con cappuccini caldi, latte macchiato e mordicchiando freschi cornetti, tutti rigorosamente trafugati dalla vetrinetta esterna. Con l’onesta coscienza che, invenduti, sarebbero rimasti ammuffiti per vecchiaia. Da un vagone postale in parcheggio ebbero la possibilità di “asportare” giornali, riviste e qualche inserto enciclopedico, che gli consentirono d’intrattenersi finché arrivò il fatidico treno coincidenza. Il presidente, oramai quasi imbalsamato per il troppo sonno, fu caricato di peso sul vagone, come una qualsiasi valigia. E pare si svegliò completamente solo a fine partita, quando apprese la scioccante notizia della pesante sconfitta. Eppure sperava che la sua presenza sarebbe stata sufficiente a caricare la squadra. Ma forse dovette subentrare qualche problema d’altra natura, da sviscerare sicuramente durante la settimana, chissà. Restava il fatto che da quella volta il presidente non andò più in trasferta. Limitandosi ad accompagnare i ragazzi fino alla ferrovia e tornare, immediatamente, a casa dove lo aspettavano braciole, panzarotti e un morbido materasso a molle…

Il racconto è tratto dal libro di Antonio Petillo: "Storie di basket vissuto" edizioni Grafica del Golfo, 2001.

Nella foto i ragazzi della Kouros in posa con i pari età del Cairo Montenotte.

 





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